Il tabarro di Giacomo Puccini (una delle opere più belle e raffinate del compositore toscano), per la prima volta in assoluto eseguita a Messina, e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni (particolarmente legata all’immaginario siciliano perché tratta dalla novella e dal dramma omonimi di Giovanni Verga) hanno inaugurato martedì 26 ottobre (repliche il 28 e il 30) la stagione musicale dell’Ente Autonomo Regionale Teatro di Messina. Si tratta di una coproduzione fra l’E.A.R. e la Fondazione Lirica e Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, con alla direzione il maestro Vito Clemente (che ha diretto l’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele) e Michele Mirabella, volto molto noto della televisione, alla regia.
Nel corso della conferenza stampa il sovrintendente Paolo Magaudda ha voluto ringraziare i dipendenti dell’Ente Teatro e ha poi posto l’accento sull’aumento notevole del numero degli abbonati per ambedue i cartelloni principali: «Un risultato completamente diverso da quello ottenuto, anche da grandi teatri, nelle altre città italiane. L’adesione dei nostri concittadini ci conforta e ci dà l’entusiasmo necessario per portare a termine l’enorme lavoro che comporta una stagione così fitta di titoli e avvenimenti».
Il direttore artistico, Lorenzo Genitori, spiegando il perché dell’accoppiamento di questi due titoli (Il tabarro è il primo del Trittico pucciniano, successivamente andranno in scena Suor Angelica e Gianni Schicchi), si è soffermato sulle opere ricordando come siano la rappresentazione dell’amore disperato e anche del delitto annunciato. Per questo sono state definite “opere veriste”: «Ma – ha aggiunto – se andiamo a sollevare leggermente la crosta in Tabarro noteremo atmosfere timbriche ed armoniche degne di Mallarmé e Debussy; e se anche Cavalleria rusticana è più corriva nel dipingere piuttosto che alludere, si nota sempre un intento di voler evidenziare fino al punto di creare una rappresentazione di secondo livello, così da rendere il tutto più intrigante e inquietante di quanto una semplice oleografia potrebbe fare».
Michele Mirabella, anche se dal punto di vista più popolare è noto per le sue apparizioni sul piccolo schermo, ha un lungo curriculum nella regia delle opere liriche: ha superato quota venti. Si è presentato così: «Oggi tutti amano inventare, penso a La bohème ambientata in un bordello, ma è la musica quella che conta e se c’è la mano di Puccini o Mascagni o Verdi, bisogna ambientare l’opera nell’epoca in cui questi grandi geni l’hanno pensata: quindi mi definisco un regista moderno e anticonformista, proprio perché sono un tradizionale. Per esempio, questa Cavalleria rusticana sarà una lettura filologicamente impeccabile del dramma di Verga che, musicalmente, Mascagni ha compreso benissimo. L’allestimento scenico è eccezionale, adoro Rubertelli e per me è un grande onore poter usufruire delle sue scenografie».
Anche il maestro Vito Clemente ha insistito sulla qualità musicale delle due opere: «NeIl Tabarro l’utilizzo degli strumenti musicali – ha detto – è molto sofisticato, c’è grande maestria compositiva ed è abbondante l’uso di temi ricorrenti come il fiume, l’amore e l’adulterio, spesso presentati da soli o in combinazione. Si farebbe poi un torto a Mascagni se si parlasse solo di grande impeto nella sua scrittura, perché le tecniche di Cavalleria rusticana sono nuove per il tempo. Anche qui la strumentazione è assai raffinata e l’orchestra è assoluta protagonista».
Di assoluto valore il cast dei cantanti, a cominciare dal baritono Carlo Guelfi (Michele neIl tabarro, Alfio nella Cavalleria), continuando con il soprano Cristina Piperno (Giorgetta e Santuzza), il tenore russo Badri Maisuradze (Luigi e Turiddu), e poi Francesco La Spada, Salvo Todaro, Antonella Colajanni e Stefania Scolastici. Il Coro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria è diretto da Bruno Tirotta.